In Inghilterra, Germania, Svizzera e Francia i vegetariani proclamano, sia per principio di morale, o di religione, sia a scopo sanitario l'astinenza d'ogni sorta di carne. Invocano, in loro aiuto, la conformazione naturale dei denti e della mascella umana, e vogliono che l'uomo possa viver bene, anzi meglio e più lungamente, contentandosi puramente di quanto la Provvidenza fornisce nel regno vegetale. Abborro ogni disputa e lascio il mondo come l'ò trovato, tanto più, che l'esperienza mi convince, che ogni disputa non serve che a far perdere l'appetito, ci arrischia il regalo d'una malattia di fegato e poi ci lascia più cretini di prima. Nè, vo' soffermarmi un solo secondo alla questione dei denti e della mandibola umana. Se, da che mondo è mondo, si mangia carne e verdura, è segno che la Provvidenza ci à dato denti sì per l'una che per l'altra. Chi ama la carne non disprezzi il fratello che vuol nutrirsi di erba, e costui tolleri cristianamente che l'altro appaghi l'appetito col manzo e si divori delle costolette. La teoria e la pratica sono due sorelle che non si sono mai vedute e che forse, in questo mondaccio, sono destinate a non incontrarsi nè abbracciarsi mai. Peccato, perchè la prima è bella, affascinante, da far perder la testa, la seconda d'una bontà e d'una utilità impareggiabile! Ma lasciamola lì, che ognuno viva, dunque, a suo modo, in santa pace e che Domineddio ci benedica tutti!
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l'ò trovato, tanto più, che l'esperienza mi convince, che ogni disputa non serve che a far perdere l'appetito, ci arrischia il regalo d'una malattia
° Barbabietola alla Chartreuse. — Tagliate barbabietole gialle in rotelle, mettete sopra alla rotella di barbabietola una rotella di cipolla cruda, con un buco in mezzo, dove porrete una pestata di erbe odorifere a piacere, con spezie e sale. Poi coprite con altra rotella di barbabietola facendola aderire. Involtate in ovo e pane e fate friggere, come l'altra frittura, col burro.
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° Barbabietola alla Chartreuse. — Tagliate barbabietole gialle in rotelle, mettete sopra alla rotella di barbabietola una rotella di cipolla cruda
In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. Sono molto amati dalle api.
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In Inghilterra se ne fa una specie di conserva rinfrescante. I fiori della borragine si possono adoperare per tingere l'aceto in turchino. Sono molto
Il medesimo Brillat-Savarin suggerisce che una tazza di cioccolatta dopo il pranzo, invece del caffè è cosa che à il suo merito — e quel gastronomo la sapeva alla lunga. Non so darmi pace al pensare, come il fabbricante cioccolatta, da noi, sia stato preso come tipo di sciempiaggine, sicchè ne rimase il proverbio Fà una figura de ciccolattee, e come la parola ciccolati serva al nostro popolo quale sinonimo di rabbuffo. La cioccolatta da noi è considerata come bevanda esclusivamente clericale.
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Il medesimo Brillat-Savarin suggerisce che una tazza di cioccolatta dopo il pranzo, invece del caffè è cosa che à il suo merito — e quel gastronomo
Allora, quei burloni di medici avevano dato ad intendere che il caffè dimagrisce. Mille diverse opinioni, l'una che fa ai pugni coll'altra, furono emesse circa le proprietà più o meno sanitarie ed igieniche del caffè. Tra il sì ed il no, occupiamoci del modo di mettere insieme una bona tazza di caffè.
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Allora, quei burloni di medici avevano dato ad intendere che il caffè dimagrisce. Mille diverse opinioni, l'una che fa ai pugni coll'altra, furono
Carote alla Panna. — Prendete sei carote grosse, raschiate, lavate e tagliate in fette sottilissime, lasciatele cuocere lentamente in una casseruola con burro, poco zuccaro e una presa di sale e pepe rimestandole continuamente. In altra casseruola unite un'oncia di burro, un'altra di farina bianca, due bicchieri di panna o latte e sale a sufficienza. Bollita che sia la panna per dieci minuti, versatela sulle carote e fate scaldare senza nuova bollitura.
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Carote alla Panna. — Prendete sei carote grosse, raschiate, lavate e tagliate in fette sottilissime, lasciatele cuocere lentamente in una casseruola
Albero indigeno dell'Europa meridionale, a foglia caduca, originario dall'Egitto. Dà fiori rosei in aprile, frutti in maggio e giugno. Si moltiplica per semi, margotte, divisioni, innesto. Nel linguaggio dei fiori e piante: Promessa. Due le sue varietà principali: La ciliegia, propriamente detta, col picciolo piuttosto lungo, polpa consistente e dolce — della quale la varietà a pasta soda, più grossa delle ordinarie, la duracina, che a Firenze è chiamata la Ciliegia Pistoiese, da noi, Galfion, nome pervenutoci dalla Svizzera francese, dove si chiama pure Galfions. I francesi la chiamano Bigarreaux. E la marasca, o amerana sì rossa che nera (cerasus acida) con picciolo più corto, polpa meno consistente, sapore aciduletto, la cui varietà più bella e più preziosa à nome volgare di Marennoni. In Piemonte si chiama Griotte, dal francese agriote, quasi acerba. Noto pure il Cerasus avium, viscida, ciliegiola, marenella de' nostri monti, delle quali il proverbio: «Mille visciole non son bastanti ad una casa, ed una cerasa è di vantaggio ad una città,» e l'altro:
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, viscida, ciliegiola, marenella de' nostri monti, delle quali il proverbio: «Mille visciole non son bastanti ad una casa, ed una cerasa è di vantaggio ad
Fico d'India (cactus opuntia vulgaris. Ficus Indica). — È originario dall'India e dall'Africa, da noi cresce in Sicilia e nelle provincie meridionali, in luoghi asciutti ed aridi. È un alberetto dai 2 ai 3 metri, che vive fino ai 50 anni, dà fiori giallastri, frutti rosei da agosto a dicembre, della forma del fico. Contengono una polpa refrigerante, salubre, mangiabile, purchè se ne sputino i semi, e rende l'orina color rosso sangue. Sono alquanto scipiti. Le sue foglie tagliate a metà ed applicate sulle parti dolenti per artrite e pleurisia, dànno spesso ottimo risultato. Sono adoperati per fabbricare alcool e forniscono una salsa che per il povero sostituisce quella del pomidoro. Se ne fa pure mostarda, e se ne estrae una materia colorante color cremisino.
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, della forma del fico. Contengono una polpa refrigerante, salubre, mangiabile, purchè se ne sputino i semi, e rende l'orina color rosso sangue. Sono
Polenta in Frittura. — Preparate una polenta di farina gialla fatta nel latte con sale. Fredda che sia, dividetela con un filo in fette della grossezza di un dito, e, coll'orlo di un bicchiere, fatene tante rotelle, che bagnate nell'uovo sbattuto e avvolte nel pane grattuggiato friggerete nel burro. Si può aggiungere alla polenta, se piace, canella, zuccaro, formaggio e burro. Per avere i frittelli alla lodigiana basta frapporre fra una rotella e l'altra di polenta una fetta sottile di formaggio detto battelmatt, giovane, avvolgere tre rotelle unite nell'uova e pane come sopra, e farle friggere.
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Polenta in Frittura. — Preparate una polenta di farina gialla fatta nel latte con sale. Fredda che sia, dividetela con un filo in fette della
Polenta dolce. — Mettete a bollire in un litro e mezzo di latte con sale, tanta farina da farne una polenta non troppo dura. Giunta la polenta a mezza cottura, ritiratela dal fuoco, aggiungetevi sei tuorli d' uova sbattuti prima con una presa di canella tre o quattro cucchiai di zuccaro, due ettogrammi di burro, una dozzina di amaretti polverizzati. Fatto un impasto omogeneo, cocetelo in uno stampo unto, con fuoco sotto e sopra, fino a che la superficie prenda un bel colore dorato.
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Polenta dolce. — Mettete a bollire in un litro e mezzo di latte con sale, tanta farina da farne una polenta non troppo dura. Giunta la polenta a
. Ma alla lente era preparata una gloria assai maggiore di quella di servire di sofà ad un'anitra o ad una salsiccia. L'inglese Warton inventò la famosa Ervalenta (dal suo nome ervum lens) e la fe' passare come un prodotto di pianta forastiera ed il pubblico credenzone correva a pagare 10 lire al chilogrammo la farina di lenti che valeva 20 centesimi. Poi dai Du-Barry disputatisi coi Warton nel 1854 il privilegio di gabbare il mondo, ne venne la Revalenta o Revalescère, la famosa Revalenta arabica che guarisce da tutti i mali. Sottoposta dal Consiglio di Sanità di Londra e dall'illustre Payen di Parigi a coscienziosa analisi risultò composta per la massima parte di farina di lenti scorticate, coll'aggiunta in varie proporzioni di quella di piselli, di melica, sorgo, avena, orzo e una centesima parte di sale di cucina. Pure il Du-Barry continua l'allegro commercio con le più belle trovate di ciarlataneria.
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. Ma alla lente era preparata una gloria assai maggiore di quella di servire di sofà ad un'anitra o ad una salsiccia. L'inglese Warton inventò la
Màndorle alla perlina. — Si sciolgono due parti di zucchero raffinato, in una d'acqua, in una pentola a bascule non stagnata, si fa cocere a consistenza di perla, poi vi si aggiungono tre parti di màndorle dolci spelate; si lasciano così due minuti, poi con spatola di legno si rimescola continuamente finchè lo zuccaro sia perfettamente tosto insieme alle mandorle e loro vi sia ben aderente. Poi si riversano sopra carta e si conservano in recipiente asciutto. Lo zuccaro rimasto nella pentola può servire per un'altra volta.
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Màndorle alla perlina. — Si sciolgono due parti di zucchero raffinato, in una d'acqua, in una pentola a bascule non stagnata, si fa cocere a
Il che vuol dire, che essi, aperta una màndorla, vi scrivevano alcun che, e rinchiusala di nuovo la seminavano ben concimata, e le màndorle che faceva quell'albero erano altrettante edizioni di quella scritta. Se non credete pigliatevela con Palladio. Un proverbio dice:
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Il che vuol dire, che essi, aperta una màndorla, vi scrivevano alcun che, e rinchiusala di nuovo la seminavano ben concimata, e le màndorle che
quelli di Salerno e di Tivoli. Il Sangiorgio scrive: «Ho veduto una pianta altissima di granato nel cortile di un oste in Vall'Intelvi sul lago di Como, che non era meno grossa di una pianta di noce.»
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quelli di Salerno e di Tivoli. Il Sangiorgio scrive: «Ho veduto una pianta altissima di granato nel cortile di un oste in Vall'Intelvi sul lago di
. Appare, da qui, che ai tempi di Plinio si coltivava la varietà bianca, e che fino d' allora il miglio serviva per chicche da offelleria. In Asia se ne fa una certa polenta che si mangia con olio e grasso di porco. Del resto, era usato come farina da pane nell'Etiopia, nell'Egitto, Persia, Siria e nell'Arabia. I semi del miglio si possono cocere in minestra col brodo e massime col latte, se ne fa torte. Ridotto in farina è bono a far polenta e pane, che appena uscito dal forno è saporitissimo e non isdegnato dai gusti più delicati. Il Tanara insegna a fare colla farina di miglio molte cose e, tra le altre, gli Strozzapreti, che sono certi gnocchetti, cotti nel latte, involti in cacio parmigiano grattato, con assai burro. Raccomanda di conservarne una parte per la cena, perchè, sono così ghiotti, che non si possono assaggiare, senza lasciare il piatto vuoto e perchè riscaldati acquistano saporitissima e migliore bontà. La farina serve pure in pasticceria. Col miglio si alimentano i pulcini, le galline, il pollame e molti uccelli. I selvaggi lo arrostiscono. In Tartaria se ne compone una specie di birra e una certa acquavite che chiamano Bysa. Il miglio dev'essere conservato in luogo assai asciutto e dura così più d' ogni altro grano. Nel miglio si conservano benissimo nell'estate le ova ed il salame crudo.
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ne fa una certa polenta che si mangia con olio e grasso di porco. Del resto, era usato come farina da pane nell'Etiopia, nell'Egitto, Persia, Siria e
Si racconta che un professore di latino, una sera d'inverno, si divertì a tirare una palla di neve ad un villano, il quale con un nodoso bastone di noce colpi sulla protuberanza sinistra della profondità metafisica deò letterato, che dovette essere portato all'ospedale. Il medico trovò la ferita gravissima e gli annunciò che sarebbe morto prima del mattino. Quel professore punto turbato a quell'annuncio, trovò l'occasione opportuna per dettare il seguente distico nella sua lingua prediletta, e che fu l'ultimo:
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Si racconta che un professore di latino, una sera d'inverno, si divertì a tirare una palla di neve ad un villano, il quale con un nodoso bastone di
rossa di patate. Un pasticcio, frittura, fritelline, gateau, formaggio di patate, confetti, biscottini, una crostata, una schiacciata, poi caffè di patate. Gordon, in China, à vissuto molto tempo a sole patate. Dalla sua fermentazione se ne cava un'acquavite nociva, che ubbriaca ed abbrutisce i poveri Irlandesi e gli schiavi dell'America. Colla patata si fa birra. Ridotta a fecola, assurge poi alle maggiori dignità chimiche ed industriali. Diventa siroppo zuccherino, saldo per appretto ai tessuti ed alle lingerie, dà consistenza alla carta di lusso; entra dappertutto, infine, ed ogni giorno che passa segna una nuova applicazione scientifica ed industriale del prezioso tubero.
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rossa di patate. Un pasticcio, frittura, fritelline, gateau, formaggio di patate, confetti, biscottini, una crostata, una schiacciata, poi caffè di
Minestre due, l'una di sugo di patate passate allo staccio, l'altra con brodo grasso, in cui il pane dello patate fu cotto lentamente senza sbriciolarsi.
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Minestre due, l'una di sugo di patate passate allo staccio, l'altra con brodo grasso, in cui il pane dello patate fu cotto lentamente senza
Patate al lardo. — Fate friggere dei piccoli pezzi di lardo. Quando ànno preso colore aggiungetevi un mezzo cucchiaio di farina che si farà tostare sotto continuo rimescolamento. Condite con pepe, poco sale, una pianticella di prezzemolo, una mezza foglia di lauro e bagnate il tutto con acqua e brodo. Dopo cinque minuti di bollitura gettatevi dentro i pomi di terra crudi e tagliati a fette. Cotti che siano togliete la pianticella di prezzemolo e la foglia di lauro, sgrassate e servite.
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sotto continuo rimescolamento. Condite con pepe, poco sale, una pianticella di prezzemolo, una mezza foglia di lauro e bagnate il tutto con acqua e
Una ricetta di Dumas. — Mettete in casseruola olio d'oliva con scorza gialla di mezzo limone, prezzemolo, aglio, cipolla, il tutto ben fine, indi noce moscata, sale e pepe. Tagliati crudi i pomi di terra, fateveli cocere, e al momento di servire cospergeteli col sugo d'un limone.
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Una ricetta di Dumas. — Mettete in casseruola olio d'oliva con scorza gialla di mezzo limone, prezzemolo, aglio, cipolla, il tutto ben fine, indi
Torta di pera. — Untate con burro una fortiera spolverizzata con pane di mistura grattugiato. Disponete sul fondo un suolo di fette di pera crude, spargetele di zuccaro, poi copritele con un suolo dello stesso pane grattugiato e seminatevi qua e là dei pezzetti di burro. Sopra questo suolo stendete un altro
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Torta di pera. — Untate con burro una fortiera spolverizzata con pane di mistura grattugiato. Disponete sul fondo un suolo di fette di pera crude
Pera al mosto. — Spremete da alcuni grappoli di uva matura il mosto, ed in esso fate cocere delle pera decorticate e tagliate a fette, servendosi a tal uopo di una pentola di terra inverniciata, mai di rame. Ridotte le pera ad una poltiglia, servitele senza zuccaro nè canella.
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tal uopo di una pentola di terra inverniciata, mai di rame. Ridotte le pera ad una poltiglia, servitele senza zuccaro nè canella.
Pesche ripiene. — Aperte in due le pesche, levatene la ghianda e mettetele a cocere fino a metà cottura in pentola di terra, con vino bianco, canella e scorza gialla di limone. Levate dal vino, deponetele in una tegghia unta di burro. Il sugo vinoso che resta, unitelo a dello zuccaro e condensatelo a foco inspessandolo con qualche biscottino e colla polpa di qualche frutto o di una delle medesime pesche. Di questo denso giulebbe riempite le cavità delle pesche, mettendovi anche in mezzo la sua mandorla spogliata dalla pellicola, e mettete al forno, o al testo. Di tal maniera si ammaniscono poma, pera ed altre frutta.
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e scorza gialla di limone. Levate dal vino, deponetele in una tegghia unta di burro. Il sugo vinoso che resta, unitelo a dello zuccaro e condensatelo
È un grande albero a foglia caduca, originario delle Indie Orientali, della Persia, dell'Arabia e della Siria. Fra Damasco ed Aleppo ve ne ànno selve intere. Da noi è fatto indigeno in Toscana, nel Genovesato e nella Sicilia. Nelle provincie meridionali della Francia vegeta pure con prosperità. Non resiste d'inverno in piena terra nei paesi settentrionali. Vuol terreno sostanzioso, leggero e parche irrigazioni. Si moltiplica per semi, che si fanno nascere sotto cuccia, porta in primavera fiori piccoli, giallognoli, a cui succedono frutti ovali lunghi, secchi, con polpa sottilissima, e grossi quanto una oliva, contenenti un nocciolo che apresi in due valve, entro le quali trovasi una màndorla verde coperta d'una pellicola rossastra, d'un sapor dolce, soave, grato, pingue. Nel linguaggio dei fiori e piante: Accoglienza benevola. Questo frutto è mangereccio e per i pregi ed i difetti è da mettersi insieme al pignolo. Contiene molto olio, che è facile estrarre con semplice pressione. Serve a preparare alcune emulsioni, affatto simili a quelle delle màndorle dolci, prescritte nelle infiammazioni degli intestini e delle vie orinarie. I confetturieri ne fanno grande uso in paste e confetti. I salumai ne regalano le galantine e certi salami a cuocersi. I cuochi lo mettono nei polpettoni e nei croquants, che i fiorentini chiamano pistacchiata. Se ne fa pure una eccellente conserva. Gii Arabi lo chiamano pustach, e gli Olandesi pistassies. Vuoisi che chi lo portò in Italia fosse il console romano Lucio Vitellio, sotto Tiberio, di intorno dalla Siria, come Fiacco Pompeo, suo commilitone, lo portò pel primo, in Spagna.
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quanto una oliva, contenenti un nocciolo che apresi in due valve, entro le quali trovasi una màndorla verde coperta d'una pellicola rossastra, d'un
Salsa pomodoro per pasta, piatti in umido e frittate. — Fate friggere in una casseruola un sedano, una carota a fette, del prezzemolo, una foglia di lauro, con 60 grammi di burro. Aggiungetevi quindi 9 ottogrammi pomodoro fatti in pezzi, condite con sale e pepe. Lasciate bollire finchè la salsa sia densa, poi passatela allo staccio e allungatela con brodo.
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Salsa pomodoro per pasta, piatti in umido e frittate. — Fate friggere in una casseruola un sedano, una carota a fette, del prezzemolo, una foglia di
Salsa di prezzemolo. — Pestate nel mortaio una bona manciata di prezzemolo con della mollica di pane inzuppata nell'aceto e spremuta. Passate il pastume allo staccio, unitevi quanto basta di zuccaro per addolcirlo, una piccola presa di spezie, e dell'olio per renderlo liquido a modo di salsa. Questa si chiama salsa verde e serve per il manzo, il pollame ed il pesce in bianco.
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Salsa di prezzemolo. — Pestate nel mortaio una bona manciata di prezzemolo con della mollica di pane inzuppata nell'aceto e spremuta. Passate il
— Scegliete rape di eguale grossezza, tagliatele a forma di pera, mettetele per due minuti nell'aqua bollente, lasciate scolare, mettetele sul fondo d'una casserola unta di burro, una vicina all'altra. Dopo aver loro fatto prendere il colore con burro e zuccaro, mettetevi un po' di brodo bono, aspergendole di zuccaro in polvere, una presa di sale e un pezzo di cannella non rotta. Mettete la casserola, coperta, al fornello, con foco sopra e sotto. Cotte, scopritele e riponetele in un piatto asciutte. Indi unito un po' di brodo bono, a quello che resta nella casserola, date un bollo e ritirate la cannella, versate la salsa sulle rape e servite.
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d'una casserola unta di burro, una vicina all'altra. Dopo aver loro fatto prendere il colore con burro e zuccaro, mettetevi un po' di brodo bono
I medici francesi la battezzarono teriaca naturale. La salvia veniva creduta donare l'immortalità e serviva per imbalsamare i corpi e si portava addosso e si mangiava nelle battaglie. Servio ci tramanda che il cuoco di Mecenate faceva arrostire gli uccelletti colla salvia. La salvia è un cibo graditissimo alle api, dai suoi fiori cavano un miele saporito. Le sue foglie servono a pulire i denti. Frate Anselmo da Busto suggeriva ai predicatori e agli avvocati di tenere una foglia verde di salvia sotto la lingua, che la rende più agile e sciolta. Guardatevi dal suggerire tale segreto alla vostra domestica. Coi fiori della salvia si prepara una conserva deliziosa. Le foglie secche si fumano come tabacco, quale rimedio antispasmodico contro la cefalalgia nervosa e l'asma. I Chinesi ne sono ghiottissimi e si stupiscono come gli Europei vadino a cercare il the nei loro paesi, mentre possedono una pianta.
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agli avvocati di tenere una foglia verde di salvia sotto la lingua, che la rende più agile e sciolta. Guardatevi dal suggerire tale segreto alla vostra
Salsa di senape. — Stendete in un tondo 27 grammi di senape in polvere finissima, con due pizzichi di sale fino — versatevi sopra mezzo bicchiere di bon aceto, stemperate bene il tutto con un cucchiaio di legno, lasciate fermentare per 24 ore, poi raccoglietela in una salsiera da mettere in tavola.
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bon aceto, stemperate bene il tutto con un cucchiaio di legno, lasciate fermentare per 24 ore, poi raccoglietela in una salsiera da mettere in tavola.
ed asciutti ed in terreni poco profondi. Il sesamo non reggerebbe nei paesi montuosi anche per i venti. Vuolsi originario dell'Asia Minore, e precisamente dalla Paflagonia, dove esisteva pure la città di Sesamon, chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte esperienze, notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi, in Egitto, se ne fa una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane. Oggi ancora si mangiano arrostiti e cotti come quelli del riso e dell'orzo, e macinati forniscono una farina grossolana, ma di cui i pasticcieri si servono assai. Era conosciuto il sesamo in Oriente sino dai tempi più remoti. Da Plinio fu messo il sesemo fra i cereali, da Columella fra i legumi, da Teofrasto fra i grani che non ànno nome. Ateneo, nel libro XVI, dice che i Greci lo mangiavano torrefatto col miele. Galeno, che lo si metteva nel pane, ma che era di sua natura calido. In Egitto i semi del sesamo servono a preparare una pasta biancastra che si usa per mantenere la freschezza e la bellezza della pelle.
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esperienze, notate nel Giornale d'Italia di scienze naturali. Coi suoi semi, in Egitto, se ne fa una minestra saporita. In Sicilia lo si metteva nel pane
Spinacci alla panna. — Cocete una libbra di spinacci, spremeteli fortemente, triturateli colla mezzaluna e passateli allo staccio. Mettete in una casserola un pezzo di burro, un pizzico di farina, e lasciate friggere un istante, poi gettatevi gli spinacci e conditeli con sale e pepe. Rimestateli bene per cinque minuti e bagnateli quindi con due bicchieri di panna. Consumata la panna, incorporatevi dentro in fretta tanto quanto una noce di burro, e servite questa purèe sulle fette di pane fritto con burro. In tal modo si può preparare la purèe di piselli, di taccole (gaglioli) e di cornetti (fagioletti in erba).
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Spinacci alla panna. — Cocete una libbra di spinacci, spremeteli fortemente, triturateli colla mezzaluna e passateli allo staccio. Mettete in una
Maniera di conservare fresche le uve. — Per cogliere le uve che si vogliono conservare, scegliete tempo asciuttissimo ed una giornata di gran sole. Mondatele dagli acini guasti. Disponete con diligenza i vostri grappoli sopra cannicci guerniti di muschio secchissimo, ed abbiate cura che i detti cannicci sieno tutti in modo da poterli facilmente tenere in casa e nei luoghi dove possono ricevere per più giorni consecutivi i raggi del sole. Ciò fatto, porrete i cannicci coperti d'uva in una stanza asciuttissima e poco ariosa. Oppure, dopo che l'uva avrà preso il sole, la distenderete appendendola a tanti spaghi tesi in alto entro una stanza asciutta, ed avrete l'avvertenza di visitarla spesso, a fine di mondarla se qualche acino si guasta.
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Maniera di conservare fresche le uve. — Per cogliere le uve che si vogliono conservare, scegliete tempo asciuttissimo ed una giornata di gran sole
2.° Una manciata di dragone, un limone piccato da molti chiodi di garofano, qualche fiore di nasturzio, un po' di pimpinella e fiori di sambuco, una ramella di timo, un poco d'aglio, una piccola cipolla verde — mettete il tutto in quattro litri d'aceto per due mesi, filtrate — conservate.
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2.° Una manciata di dragone, un limone piccato da molti chiodi di garofano, qualche fiore di nasturzio, un po' di pimpinella e fiori di sambuco, una
° Versate un bicchiere di latte in quattro litri di aceto caldo, agitate fortemente e filtrate. La parte caciosa del latte, concentrandosi, precipita una quantità del principio colorante.
Frittura di zucche. — Tolta la pelle al collo di una zucca gialla, detta di Gerusalemme, tagliatene la polpa in pezzi grossi un dito, e fateli cocere lentamente in latte tanto che basti, con una presa di sale. Quando la zucca avrà attirato quasi tutto il latte, asciugatene i pezzi, avvolgeteli nel tuorlo d'ovo sbattuto, poi nel pane grattugiato, lasciateli friggere prestamente nel burro e serviteli spolverizzati di zuccaro. Badate che i pezzi di zucca non si disfino.
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Frittura di zucche. — Tolta la pelle al collo di una zucca gialla, detta di Gerusalemme, tagliatene la polpa in pezzi grossi un dito, e fateli cocere
a Alla coda di porco. Si fa bollire 10 o 12 minuti più della prima. Si conosce prendendo collo schiumatoio lo sciroppo e lasciandolo cadere dall'altezza di 50 centimetri nel bacino; nel ricadere forma una specie di coda di porco. Questa cottura è quella necessaria per la conserva dei frutti.
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'altezza di 50 centimetri nel bacino; nel ricadere forma una specie di coda di porco. Questa cottura è quella necessaria per la conserva dei frutti.